
13 giu
sab
•18:00
MetLife Stadium • New York
19 giu
ven
•21:00
Lincoln Financial Field • Philadelphia
24 giu
mer
•18:00
Hard Rock Stadium • Miami
Parlare del Brasile ai Mondiali significa parlare del cuore stesso del torneo. La Seleção incarna quel calcio offensivo, creativo e gioioso che tanti tifosi associano a questa competizione fin da bambini. Ogni edizione viene vissuta come un obbligo a lottare per il titolo, con un pubblico esigente che non si accontenta di giocare bene: pretende vittorie, spettacolo e notti destinate a entrare nella storia.
Nessun’altra nazionale può vantare un palmarès come quello brasiliano: cinque Coppe del Mondo, conquistate nel 1958, 1962, 1970, 1994 e 2002, e presenza in tutte le edizioni del torneo dal 1930. Ai titoli si aggiungono finali, semifinali e generazioni indimenticabili che hanno segnato l’evoluzione del gioco. Anche nelle edizioni in cui non arriva fino in fondo, il Brasile fa quasi sempre parte di quel gruppo di nazionali che impongono il ritmo del Mondiale.
Questa leggenda è stata costruita con nomi come Pelé, Garrincha, Zico, Romário, Ronaldo e Ronaldinho, icone che hanno cambiato il modo di intendere il calcio. Negli ultimi anni, stelle come Neymar e una nuova generazione di talenti offensivi hanno mantenuto vivo quel DNA fatto di fantasia e imprevedibilità. A tutto questo si affianca una produzione continua di giocatori in ogni reparto, sostenuta da un campionato locale fortissimo e dalla presenza massiccia di brasiliani nei più grandi club europei.
In vista del 2026, gli esperti inseriscono di nuovo il Brasile tra le grandi favorite per il titolo. Il sorteggio l’ha collocato nel Gruppo C, dove dividerà la scena con una recente semifinalista, una nazionale europea combattiva e un’avversaria caraibica con tanta voglia di stupire. Questi sono i suoi rivali:
Per il Brasile, l’asticella minima è dominare il girone e arrivare alla fase a eliminazione diretta con mentalità da campione, con l’obiettivo dichiarato di andare a prendersi il sesto titolo mondiale e dimostrare, ancora una volta, perché la sua maglia gialla resta un’icona universale del calcio.